Arcangelo Corelli - Concerto "fatto per la notte di Natale"
Antonio Vivaldi - Concerto per flauto "la notte"
Wolfgang Amadeus Mozart - Concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore K 414
Mario Merigo - "Tango"
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Solisti
Flauto - Monica Finco
Pianoforte - Letizia Michielon
Danzatrici
Lorena Della Togna - Francesca Zambon
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Direttore - Mario Merigo
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In collaborazione con il Comitato
Arco Acuto e l’Assessorato alle Politiche Sociali del
Comune di Venezia. Quest’anno l’appuntamento sarà dedicato ai
bambini brasiliani del "Progetto don Giorgio Callegari".
Nel corso della serata, il cui ingresso sarà libero, verrà presentato
infatti il lavoro del Comitato Arco Acuto che da tempo svolge la propria
opera di solidarietà e volontariato nell’America latina a favore dei
bambini più sfortunati.
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A 28 anni, nel 1681, è direttore all’Accademia reale di Cristina di Svezia e pubblica la sua prima opera intitolata l’opera I. Nel 1685 esce l’opera II formata da 12 sonate da camera a tre, la cui composizione, probabilmente, è antecedente all’opera prima. Nella Sonata terza in do maggiore, al movimento allemanda, si trova la famosa successione diatonica di quinte, che diede luogo ad una grossa polemica coi Filarmonici di Bologna e finì per interessare tutto il mondo musicale di allora ed oltre. Le lettere della polemica sono custodite al Conservatorio Martini di Bologna, provenienti dalla Filarmonica che le ebbe da un testamento nel 1875. Corelli si espresse in termini scortesi nei confronti dei suoi oppositori che qualificò per principianti ed ignoranti. Era il risentimento di un musicista sicuro del fatto suo, e sostenuto peraltro dall’autorità di teorici quali il Foggia, il Liberati, il Simonelli e lo stesso Perti. L’opera III uscì nel 1689 e comprende dodici Sonate da chiesa a tre. Rappresenta l’ideale continuazione dell’opera I, ma come iniziativa è inferiore a questa, anche se il canto è più chiaro e severo. La sonata 12a è doppia, e di essa l’Hawkins scrisse: “ha fatto piangere molti occhi”. L’opera IV è del 1694, quando il musicista aveva già lasciato il cardinale Pamphili per mettersi al servizio del cardinale Ottoboni, pronipote di Alessandro VIII, al quale dedica l’opera stessa. Corelli è nominato primo violino e direttore stabile della Cancelleria, residenza ufficiale dell’Obbottoni, dove dirige i concerti del lunedì e le musiche religiose del titolo cardinalizio di S. Lorenzo in Damaso. L’opera IV, con le sue 12 sonate da camera, continua dell’opera II e troneggia sulla tradizione violinistica. La struttura di queste sonate è una forma perfetta di trio. I temi di fuga furono rispettati e studiati da Bach. Nella testata dell’edizione principe, per la prima volta il nome di Corelli non è accompagnato dall’attributo: ”il bolognese”. L’opera V porta la data dell’anno 1700 ed è dedicata all'Elettrice del Brandeburgo. E’ costituita da 12 sonate, 6 da chiesa e 6 da camera, per violino solo, con basso di violone od organo-cembalo. L’ultima sonata dell’opera è la celebre Follia. Bisogna riconoscere però, che in questa sonata da camera di folle non c’è proprio niente, neppure dal punto di vista tecnico, almeno come la scrisse Corelli. Fu la fantasia malata del famoso violinista tardo-romantico César Thomson ad inventare la storia della pazzia. In realtà è soltanto una bellissima fantasia violinistica nel suo complesso di 22 variazioni su tema di un'unica aria di danza portoghese, già assunta da altri musicisti precedenti a Corelli ed anche posteriori a lui, come Bach e Vivaldi che elaborarono temi uguali a quello del nostro. Quest'opera pone Corelli a fianco dei più grandi musicisti di tutti i tempi, non soltanto per i valori intrinseci di stile che le sono propri, ma anche per la posizione che occupa sul piano storico. Essa infatti induce chiaramente quella maniera individualistica di trattare lo strumento e la materia musicale, che diventerà la base e il fondamento della musica nuova. La novità formale consiste nel fatto di affidare all'unico violino la proposta tematica e la risposta, soggetto e controsoggetto. Arpeggi, bicordi e tricordi arricchiscono ulteriormente la doppia melodia, contribuendo così ad esaltare in massimo grado la potenzialità sonora ed espressiva dello strumento. Soprattutto per questo motivo l'op. V corelliana è un valore base della letteratura violinistica mondiale. A questo punto, per completare la rassegna delle opere di Corelli, bisogna accennare all'opera VI, a cui appartengono i 12 Concerti grossi, sebbene la loro pubblicazione risalga soltanto al 1714, un anno dopo la morte, per cura dell'allievo prediletto Matteo Fornari. Il più noto ed eseguito è il Concerto grosso n.8, "fatto per la notte di Natale". E' opinione generale fra i critici che almeno 4 dei 12 concerti, e precisamente i numeri 1, 2, 5, 7 siano composti nel secolo avanti. Questa forma musicale, caratteristica del secolo XVIII e trattata da tutti i più grandi musicisti, compresi Vivaldi e Händel, è nata in seguito alla pratica di riunire in orchestra solisti e gruppi di strumenti e fonderli insieme. Però, secondo il Della Corte, in Corelli il concertino, trio di due violini e violoncello, generalmente non presenterebbe spiccato carattere di isolamento solistico, ma sarebbe usato piuttosto in funzione di particolari esigenze timbriche. Il Concerto grosso vero e proprio, che è un quartetto d'archi, nell'atto in cui si impossessa del tema cantato dal concertino, non solo rigenera la melodia, ma determina una vera e propria modificazione di colore sonoro. Caratteristica di questi concerti non è tanto lo slancio lirico, quanto un sottile nerbo ritmico che sorregge il disegno melodico e le strutture polifoniche, mentre il tutto viene a comporsi entro tagli di dimensioni perfette.