La versione vivaldiana del Salmo del Vespro "Credidi propter
quod locutus sum" RV605, per cinque voci raddoppiate da strumenti
è una nuova versione di una melodia che dà la prova della abilità
nello stile neo-palestriniano di A. Vivaldi. L' estatica parte
omofonica in la minore che inizia con le parole "Calicem salutaris…"
è comunque completamente originale
Il salmo 109 "Dixit per due cori" doveva essere destinato a
qualche grande solennità per il gran impiego dei mezzi. L'autore,
evidentemente contava sulle possibilità offerte dalla disposizione
contrapposta di due cori. Solitamente tali grandi opere erano
precedute da "Introduzioni", vere imprese virtuosistiche vocali
e strumentali, di cui l'Autore ci lascia per il "Gloria", il
"Miserere" ed il "Dixit". Il testo del Salmo è diviso in dieci
numeri, chiaramente distinti per organico e per metro, dai quali
si evince la grande maestria di Vivaldi nella trattazione delle
voci sia soliste che corali. Le otto voci cantano sia all'unisono
che per melodie contrapposte. Nel "Donec" compaiono entrambe
le scritture. Nel "Judicabit" gli interventi si fanno drammatici,
mentre, in totale contrapposizione, nel "Sicut erat" si odono
le semplici melodie del Cantus Firmus, mentre intorno ad esso
si muovono vivaci figurazioni virtuosistiche. Tutto ciò richiede
ai solisti, oltre ad una tecnica completa, anche e soprattutto,
di saper rendere le fioriture espressivamente credibili ("Dominus
a dextris tuis"- duetto per tenore e basso - l'Aria "De Torrente).
Vivaldi fa splendido uso dell'eco sia per le due orchestre che
per i cori contrapposti come nel "Judicabit" che inizia con
un duetto di trombe. Cosi' le due voci del duetto "Virgam Virtutis
Tuae" dove le due interpreti richiamano splendide melodie. Notevole
l'introspezione resa dal brano "Tecum principium" per contralto
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CREDIDI PROPTER QUOD LOCUTUS SUM SALMO 115
Credidi propter quod locutus sum: ego autem humiliatus sum
nimis. Ego dixi in excessu meo: Omnis homo mendax. Quid retribuam
Domino, pro omnibus quae retribuit mihi ? Calicem salutaris
accipiam: et nomen Domini invocabo. Vota mea Domino reddam coram
omni populo eius: pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum
eius. O Domine quia ego servus tuus [sum], et filius ancillae
tuae. Dirupisti vincula mea, tibi sacrificabo hostiam laudis,
et nomen Domini invocabo. Vota mea Domino reddam in conspectu
omnis populi eius: in atriis domus Domini: in medio tui Jerusalem.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio
et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
DIXIT DOMINUS - SALMO 594
Dixit Dominus Domino meo: sede a dextris meis. Donec ponam
inimicos tuos scabellum pedum tuorum. Virgam virtutis tuae emittet
Dominus ex Sion: Dominare in medio inimicorum tuorum! Tecum
principium in die virtutis tuae in splendoribus Sanctorum ex
utero ante luciferum genui te. Juravit Dominus et non paenitebit
eum: Tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech.
Dominus a dextris tuis: Confregit in die irae suae reges. Judicabit
in nationibus, Implebit ruinas conquassabit capita in terra
multorum. De torrente in via bibet, propterea exaltabit caput.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio
et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
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Passando sotto il caratteristico sotoportego dalla Riva degli
Schiavoni si entra nel tranquillo campo di San Zaccaria . A
destra dell'attuale chiesa lo sguardo volge alla facciata in
cotto dell'antica chiesa e ancora più in là si nota un fabbricato
con due arcate a tutto sesto, ora denominato Scoletta San Zaccaria
un tempo solenne ingresso al famoso Monastero che presentava
due ariosi chiostri cinquecenteschi. La costruzione della chiesa
fu iniziata dall'architetto Antonio Gambello nel 1460 e portata
a compimento da Mauro Codussi. Come accennato, essa sorge accanto
alla più antica Chiesa romanica (ora museo) trasformata in stile
gotico nel 1400 e costruita su fondazioni che risalgono al IX
secolo. Infatti, già nell' 829 esisteva nel territorio un fiorente
Monastero di monache Benedettine e una chiesa dedicata a San
Zaccaria , le cui reliquie erano giunte da Costantinopoli nell'827.
L'imponente facciata è uno degli esempi più tipici e cospicui
della Rinascenza veneziana, in cui il Codussi amplifica e rende
monumentale il concetto inizialmente svolto a San Michele, costruendo
i vari corpi soprastanti, a cominciare dalla zona delle nicchiette
cieche fino a culminare nell'arco terminale. L'interno è a tre
navate, il soffitto è a volta a crociera, con cupola emisferica
sopra l'altare maggiore. La chiesa conserva tele di Antonio
Zanchi, Andrea Vassillacchi, Jacopo Palma il Giovane, Giovanni
Bellini, Nicolò Bambini, Giambattista Bissone, Jacopo Tintoretto,
Antonio Balestra del Fumiani e del Pellegrini e opere di Alessandro
Vittoria, di cui si può ammirare anche il monumento funebre
cominciato dallo stesso scultore e portato a termine dal cognato.
Nella chiesa sono custodite le urne che contengono il corpo
di San Zaccaria e di Sant'Atanasio, patriarca di Alessandria
d'Egitto e Dottore della Chiesa
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